Le immagini che si possono acquisire in radiologia odontoiatrica possono essere di due tipi.
Il primo prevede l’emissione di raggi x che impressionano una pellicola ( lastrina ) posizionata in bocca ( radiografia endorale) o fuori dalla bocca ( ortopanoramica, laterale del cranio, stratigrafia A.T.M., Antero Posteriore del cranio, Occipito buccale). Tale pellicola viene poi sottoposta a trattamento chimico con liquidi per sviluppo e fissaggio che ci fanno vedere l’immagine come se sviluppassimo una fotografia.
Il secondo tipo di tecnica radiologica prevede invece l’emissione di raggi x per impressionare non una pellicola ma un sensore in grado di trasformare mediante elaborazione informatica le radiazioni in immagini. Per questo tipo di tecnica abbiamo tre vantaggi: la quantità di radiazioni emesse per ottenere l’immagine è molto ridotta rispetto alla pellicola. Per esempio le piccole e frequenti radiografie in bocca che tutti noi abbiamo fatto almeno una volta , con la pellicola ci espongono ad 1 o anche 2 secondi di radiazioni mentre con tecnica digitale veniamo esposti per 0,1 / 0,2 secondi.
Il secondo vantaggio della tecnica digitale è quello di visualizzare le immagini molto più velocemente: in temporeale per le piccole endorali, pochi secondi per l’ortopanoramica.
Il terzo vantaggio è quello di non dovere più usare sostanze chimiche di sviluppo e fissaggio, riducendo così anche l’impatto ambientale.
Nella nostra struttura tutte le radiografie vengono effettuate con metodologia digitale.
Il perno è una struttura solitamente cilindro conica in fibra di carbonio, in fibra di quarzo, o in lega metallica più o meno preziosa, che si inserisce all’interno di una radice dentale per consentire la ricostruzione della corona di un dente. Questo consente durante la masticazione una maggiore resistenza della struttura dente/radice rispetto al rischio di possibili fratture. Non obbligatoriamente in tutti i casi il perno viene usato per ricostruire corone/ monconi che poi verranno coperti da una corona protesica. Il perno non va confuso con l’impianto che non serve a rinforzare i denti esistenti ma serve a sostituire i denti che abbiamo perso.
L’impianto è una struttura solitamente cilindrica , conica o anche cilindro conica che si inserisce nell’osso della mandibola o del mascellare superiore per dare un ancoraggio ad una protesi dentale che ripristina il dente o i denti che sono andati persi.

Possiamo usare un singolo impianto per ripristinare un solo dente , o usare più impianti per ricostituire una intera arcata dentale. L’impianto in pratica simula una radice. Ad esso si può avvitare un moncone in titanio o in lega metallica preziosa. Su tale moncone è possibile avvitare o cementare una singola corona o un ponte di più elementi. In casi selezionati è possibile ricostruire una intera arcata di dodici denti utilizzando solamente quattro o sei impianti. All’impianto è possibile anche avvitare dei sistemi di ancoraggio che ricordano un po’ i bottoni automatici per gli indumenti. Tali sistemi permettono un efficace sistema di stabilità e ritenzione per protesi mobili come le dentiere.
L’impianto prima di essere utilizzato necessita solitamente di un periodo di attesa prima di essere messo in funzione ( caricato ) per ottenere prima la formazione di osso sulla sua superfice. In alcuni casi selezionati è possibile immediatamente porre in funzione (caricare) l’impianto con la protesi dentale.
Tutti possono ricevere impianti per ripristinare i denti che sono andati persi a patto che siano presenti alcuni requisiti. La presenza di osso in quantità e qualità sufficienti a ricevere l’impianto. In caso contrario è possibile valutare insieme al paziente la rigenerazione dell’osso mancante prima di passare alla terapia implantare; l’assenza di patologie infettive locali acute o croniche che vanno eliminate prima di iniziare qualunque approccio implantologico. L’assenza di patologie generali gravi anche non locali che l’odontoiatra saprà valutare prima di proporre l’inserimento di impianti. La presenza di uno stato ottimale di igiene orale che testimoni l’efficacia del mantenimento della pulizia dentale a casa. Non esistono pazienti identici con identiche esigenze pertanto non paragoniamo mai quello che sentiamo riguardo ad altre persone che hanno ricevuto impianti dentali. Ogni persona va attentamente studiata e trattata secondo le specifiche situazioni personali.
Lo sbiancamento dentale è un processo chimico che mediante delle sostanze cosidette ossidanti permette di rimuovere pigmenti depositati negli anni da alimenti, bevande, fumo ed altro, sulla superfice dentale. Per capire come funziona lo sbiancamento dobbiamo fare un piccolo accenno all’anatomia dello smalto dentale. Questa struttura è formata da milioni di cristalli di idrossiapatite che hanno una sezione più o meno esagonale con una piccola coda che li fa assomigliare alla toppa di una serratura. I cristalli sono appaiati fra di loro ma esiste un piccolo spazio fra di loro che normalmente contiene materiale proteico. In questo spazio si accumulano i pigmenti che spesso danno una colorazione più scura ai nostri denti. E’ qui che interveniamo. Le sostanze più utilizzate per rimuovere questi pigmenti sono il Perossido di Carbamide ed il Perossido di Idrogeno ( Acqua Ossigenata) con differenti percentuali in soluzione: 15, 30,40 %.
Commercializzati in forma più simile ad un gel che ad un liquido, queste sostanze vengono applicate sulle superfici dentali vestibolari ( quelle che non guardano la lingua ma l’esterno o le guance) proteggendo prima le gengive con apposite sostanze isolanti. Il gel agisce direttamente o dopo attivazione con sistemi luminosi predisposti. E’ possibile scegliere di usare una tecnica domiciliare dove il gel ,posto in mascherine costruite su misura per le nostre arcate, viene inserito ogni giorno e lasciato a contatto con i denti per almeno 8 ore consecutive e per 14 giorni. E’ possibile in alternativa usare una tecnica professionale alla poltrona mediante una o massimo 2 sedute, usando gel più efficaci ma che solo il medico è in grado di utilizzare senza rischi per il paziente , che abusandone può erroneamente provocare gravi danni alle mucose.
Lo sbiancamento chimico agisce solo sulla struttura dentale naturale; non alcun effetto su otturazioni o protesi, pertanto è sconsigliato ai soggetti che in area estetica presentano otturazioni che altrimenti rimarrebbero più scure dopo lo sbiancamento dei denti.
Prima di fare uno sbiancamento facciamoci consigliare dal dentista che con una scala di colori di riferimento, valuterà la reale necessità del trattamento. Spesso vediamo i nostri denti più scuri solo perché vorremmo idealizzarli a qualche personaggio televisivo che sembra avere denti fluorescenti. Mediante la scala colori invece molti pazienti vengono a conoscenza di avere denti molto più bianchi della media.

Un dente devitalizzato è stato privato solo della polpa dentale che si trovava all’interno della corona dentale e delle radici. Continua ad avere lo stesso rischio di carie di un dente normale con la differenza che quando questa dovesse presentarsi non sentiremmo alcun dolore. Pertanto, un dente devitalizzato non diventa immune e si può cariare.